Per contare in Europa serve il presidenzialismo in Italia

Per raggiungere risultati concreti all’interno dell’UE sono necessari tempi lunghi e strategie precise. Le qualità e l’autorevolezza dei rispettivi capi di governo sono dei fattori certamente importanti ma non sono decisivi. A fare la differenza è il diverso grado di stabilità, durata e forza delle leadership politiche nazionali. Per questo motivo, anche alla luce dell’attuale contesto internazionale nel quale i vertici europei sono diventati sempre più frequenti e importanti, la proposta di introdurre l’elezione diretta del Presidente della Repubblica assume una rinnovata validità. Uno dei suoi principali obiettivi è quello di garantire al capo del governo il tempo necessario per tutelare il nostro interesse nazionale in Europa.

Se prendiamo ad esempio la durata del mandato del Presidente francese e lo paragoniamo alla durata media dei nostri Presidenti del Consiglio, si capisce subito quale dei due sistemi garantisce maggiori probabilità di successo. Avere un esecutivo stabile, sorretto da maggioranze parlamentari coese, significa potersi concentrare sui due aspetti che chiunque conosce bene i meccanismi di Bruxelles sa essere davvero cruciali: il lavoro meticoloso e continuo sulle proposte legislative (in media il processo di adozione di un regolamento o una direttiva dura circa due anni) e la valorizzazione delle relazioni interpersonali all’interno delle istituzioni comuni. Istituzioni verticistiche come il Consiglio europeo richiedono, infatti, un elevato rapporto di fiducia tra i suoi membri accompagnato da una conoscenza approfondita dei principali dossier.

Solo una presenza costante nel tempo può garantire entrambe. Inoltre è fondamentale dare continuità al lavoro svolto in seno al Consiglio dell’Ue, cosa che non può avvenire se i ministri continuano a cambiare. Naturalmente la riforma della Costituzione in senso presidenzialista non è la panacea di tutti i nostri mali. Altro fattore molto importate riguarda la selezione e la valorizzazione dei funzionari italiani all’interno delle istituzioni e delle agenzie dell’Ue. Lo ha capito molto bene la sinistra che (a partire dai tempi in cui Romano Prodi guidava la Commissione europea) ha imparato come occupare le caselle che contano a Bruxelles.

Al termine di questo ragionamento la domanda sorge spontanea. Chi è davvero “europeista? Quali forze politiche stanno proponendo all’Italia delle nuove soluzioni per poter finalmente contare di più in Europa? Ad uno sguardo attento, libero da preconcetti ed etichette anacronistiche non sfuggirà che la storica battaglia della destra Italiana è la sola che può garantire di non essere costretti a doverci appellare al super tecnico di turno. Un leader che magari gode di grande stima personale a livello internazionale ma che non è il risultato di un progetto politico condiviso e supportato dalla maggioranza del popolo italiano. 

A.G

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