Negli ultimi anni il processo di integrazione europea ha attraversato una fase di grande difficoltà e incertezza. Tale situazione è principalmente il prodotto di tre fattori:
1. la mancata valorizzazione di una comune matrice spirituale, valoriale e identitaria;
2. il primato della sfera economica su quella politica;
3. la volontà di imporre una ideologia che si autodefinisce “europeista”.
1. L’Europa è prima di tutto una civiltà. Se vogliamo tenere uniti i popoli che la compongono dobbiamo valorizzare le sue comuni radici Ellenistiche, Romane e Cristiane. Solo la riscoperta di una comune identità potrà rafforzare la consapevolezza degli Europei di avere un destino comune e spingerli ad essere solidali gli uni con gli altri. Purtroppo l’Unione europea sembra aver dimenticato le proprie radici, in particolare quelle cristiane, tradendo in questo modo lo spirito dei suoi padri fondatori.
2. Attualmente il paradigma dominante nell’Ue è quello del mercato. Se si vuole dare nuova linfa al “sogno europeo” è fondamentale ripristinare il primato della politica sull’economia attraverso il superamento dei parametri di Maastricht e l’abbandono delle politiche di austerità. È necessario incrementare solidarietà e cooperazione effettive attraverso strumenti monetari e fiscali innovativi volti al perseguimento del benessere dei cittadini. Serve difendere l’economia reale contro l’economia fondata sulla finanza. Realizzare un’autentica economia sociale di mercato, incentrata sul “capitale umano”, sulla tutela delle tecniche di lavoro tradizionali e la valorizzazione delle specificità dei territori e dei prodotti tipici. Bisogna promuovere alti standard sociali e ambientali (senza inseguire obiettivi irrealistici come il “Green deal”) valorizzando il ruolo dell’imprenditore che investe e produce e contrastando chi specula e ricerca solamente il profitto fine a sé stesso.
3. L’ideologia “Europeista”, che guida le iniziative promosse delle istituzioni comuni dell’Ue, promuove una visione della società nella quale domina l’individualismo, l’idea positiva della globalizzazione, l’ideologia dei diritti dell’uomo e l’ossessione per la crescita economica. Gli “Europeisti”, in nome del multiculturalismo e del politicamente corretto, stanno rinnegando i nostri usi e costumi. Il risultato di tale approccio ideologico è il disorientamento e la conseguente disaffezione dei cittadini i quali sempre di più sono perplessi dal percorso intrapreso dall’integrazione europea e non si riconoscono nelle sue istituzioni comuni.
Se desideriamo salvare quello che di buono c’è nell’Unione europea dobbiamo rifondarla sulla base di valori e proposte politiche libere dal “pensiero unico europeista”. Per iniziare bisogna uscire dalla trappola lessicale/mediatica che etichetta come “anti-europei” tutti coloro i quali sono fortemente critici nei confronti dello status quo, non si riconoscono nell’agenda politica “verde/progressista” e vogliono cambiare l’UE. Se si ha l’onestà intellettuale di guardare il merito delle loro proposte, la sostanza delle loro argomentazioni, ci si renderà conto che sono loro i veri “Europeisti”.
A.G.